IL CASO MAGNINI

Nel mondo sportivo ha fatto scalpore (e farà giurisprudenza). Il nuotatore Filippo Magnini è stato assolto dall’accusa di doping e determinante è stato il ruolo svolto dall’avvocato Maria Laura Guardamagna, sorella e associata di studio di Davide Guardamagna, docente della Scuola Litubium.

Qui di seguito il resoconto di SkySport

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“Ha vinto, abbiamo vinto”, è un urlo di gioia con una venatura di emozione quello di Filippo Magnini, ha gli occhi lucidi e non riesce a credere alla telefonata ricevuta alle 11 del mattino dal legale Maria Laura Guardamagna che lo ha assistito nel ricorso al TAS di Losanna contro la squalifica di 4 anni per doping inflitta dal Tribunale Nazionale Antidoping.

“Ero seduto sul divano di casa con Giorgia, non riuscivo a trovare le parole per esultare quando l’avvocato mi ha comunicato l’assoluzione piena, finisce un incubo durato tre anni e mezzo”. Giorgia è la soubrette Giorgia Palmas la fidanzata che a breve diventerà sua moglie, un matrimonio annunciato sui social durante la notte dell’ultimo Capodanno, la donna che è stata vicino a Magnini in questa lunga battaglia. “ Sono felice per lei che ha sempre creduto in me, sono felice per i miei genitori, i miei avvocati e per i veri amici che non mi hanno mai lasciato solo e credetemi non è stato facile nemmeno per loro: in questi anni io sono stato messo alla gogna ma anche le persone che mi stavano vicino sono state additate in modo ignobile”.

Nel dispositivo emesso dal TAS viene sottolineato, nero su bianco, il concetto: non si può condannare una persona sulla base di una ipotesi o su una presunta intenzione. I giudici del Tribunale di Arbitrato dello Sport di Losanna sono convinti che, in presenza di elementi discutibili, Magnini abbia cercato informazioni per assumere i migliori integratori, integratori leciti e consentiti dalla Wada, un comportamento lontano anni luce da quello di chi cerca di doparsi. Manca dunque una ragionevole convinzione per poter avvalorare la squalifica di 4 anni per tentato uso di doping (articolo 2.2 codice Wada) confermata anche in appello dalla seconda sezione del TNA.

Per il due volte campione del mondo dei 100 stile libero finisce una angoscia iniziata il 27 maggio del 2017 con l’avvio dell’inchiesta della giustizia sportiva sulla base delle intercettazioni telefoniche contenute nei fascicoli dell’inchiesta penale del tribunale di Pesaro, sul banco degli imputati il nutrizionista Guido Porcellini in merito ad un presunto traffico di doping . Dal novembre 2015 il telefono di Magnini era sotto controllo, telefonate tra Porcellini, Magnini e il compagno di nazionale Michele Santucci (squalificato per 4 anni in primo grado e successivamente assolto in appello dal TNA). In sede penale la posizione del campione pesarese fu subito archiviata: “Non c’è mai stata la prova che Magnini abbia ricevuto e assunto quelle sostanze. Per noi la questione non esiste”, secondo il procuratore capo di Pesaro, Cristina Tedeschini. Se per la giustizia ordinaria il fatto non sussiste, ben diversa è stata la valutazione della giustizia sportiva che per definizione inverte l’onere della prova: è l’imputato che deve dimostrare la propria innocenza e viene punita anche l’intenzione. Per il procuratore Pierfilippo Laviani le conversazioni basterebbero a provare il tentativo di pratiche antisportive, nelle intercettazioni sarebbe stato usato un linguaggio in codice dai diretti interessati. “Quelle telefonate non nascondevano nulla, erano semplicemente parole in libertà, a volte anche con un tono guascone, ma sostanzialmente chiacchiere innocue, sono stati pure confusi alcuni integratori senza cognizione”, ha sempre affermato l’avvocato Francesco Compagna, il penalista che ha assistito Magnini in tutto l’iter davanti al TNA.

Magnini, che si è sempre professato innocente, nella primavera del 2019 aveva deciso di alzare i toni per provare quella che a suo dire era stata un’indagine falsata, basata su pregiudizi, intimidazioni e supposizioni, arrivando ad accusare il Pm di accanimento personale. Mai nessun campione italiano aveva lanciato parole così pesanti, con dovizia di particolari, contro la giustizia sportiva: “Il problema più grosso è stato dover combattere contro l’incompetenza delle persone che indagano sugli sportivi e che non sanno niente di sport professionistico “, aveva tuonato il 24 maggio 2019 ai microfoni di SkySport.

Il pesarese, ritiratosi dall’attività agonistica nel dicembre 2017, ha rappresentato una delle figure più importanti dello sport azzurro, uomo simbolo dello sport pulito con la sua associazione “I am doping free”. Commentando la squalifica di 4 anni per doping in molti si insinuò il dubbio, se fossimo in presenza o meno di un Doctor Jackyll e Mister Hyde, se davvero fosse colpevole. Hanno sempre creduto in Filippo, invece, coloro che lo conoscono davvero bene, vale l’esempio di Claudio Rossetto l’allenatore storico con cui ha condiviso l’olimpo mondiale con i tue ori iridati consecutivi nei 100 stile, nel 2005 e nel 2007. Per difendere e spronare il suo ex allievo Rossetto si iscrisse ad Instagram: “Oggi si parla solo sui social. Mi adeguo…ti ho insegnato che fino all’ultima bracciata non si è sconfitti. E’ una questione di soldi? I soldi vanno e vengono, l’onore è uno solo. Se li avessi te li darei io. Ma non mollare ragazzo mio, non te lo perdoneresti mai”.

Il riferimento ai soldi non è casuale, affrontare un simile iter giudiziario presuppone un sacrificio economico non indifferente, nello specifico parliamo di una cifra superiore ai 100 mila euro. Restando in tema, per completare il capitolo pecuniario, il TAS di Losanna nel dispositivo odierno di assoluzione delibera per Magnini il rimborso delle spese legali quantificate in 5000 franchi svizzeri (4715,16 euro) che dovranno essere pagati dal Tribunale Antidoping italiano (TNA).

“Oggi sto vivendo delle emozioni che ho vissuto poche volte della vita, non sto camminando ma sto letteralmente volando”, respira profondamento il Magno nazionale. “In 27 anni di carriera non ho mai saltato un controllo, non sono mai stato trovato positivo”, ricorda oggi Magnini. “Sono stato sempre una persona corretta, in questi 3 anni e mezzo ho subito un accanimento indicibile, è stata una situazione pazzesca, ho faticato a prendere sonno la notte. Non auguro a nessuno di lottare per una ingiustizia: proprio perché tu sai di essere nel giusto, di avere ragione, fai una fatica bestiale a dimostrarlo. Penso di aver resistito a tutto ciò grazie al mio sport, il nuoto mi ha forgiato, mi ha insegnato a lottare fino all’ultimo metro. Molte volte, per strada, quando incrociavo lo sguardo delle persone ero portato istintivamente ad abbassare lo sguardo, quasi dovessi vergognarmi, queste accuse false mi hanno fatto sentire una persona sbagliata, è stato un attacco pazzesco”.

Il momento di massima gioia potrebbe coincidere con quello della rivalsa o forse anche della vendetta, invece il Magnini solitamente istintivo decide di trattenersi, preferisce volgere tutto in positivo, ci tiene troppo: “Quando ti succedono cose brutte bisogna lanciare messaggi positivi, me lo ha insegnato anche il mio amico Manuel Bortuzzo. Io lo voglio dire a tutti, soprattutto a chi si trova in difficoltà: qualsiasi battaglia state affrontando non dovete mollare, se siete delle persone corrette alla fine vedrete che riuscirete a vincere. In cuor mio so che tante persone mi devono chiedere scusa ma oggi non è il momento di togliermi i sassolini che ho in tasca.Ci sarà tempo per farlo. Proprio oggi ho finito di scrivere il mio libro, vi anticipo il titolo “La resistenza dell’acqua” (edito da Sperling&Kupfer), uscirà il 24 marzo e dentro c’è davvero tutta la mia storia e la mia vicenda, sarà il momento davvero per poter dire tutto”.

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