E SE FOSSE LA FIDUCIA NELLA COGNATA A ESSERE MAL RIPOSTA?

Prosegue l’esame delle recenti decisioni delle Sezioni Unite Civili (si veda da ultimo il breve commento a SSUU 26 maggio 2020, n. 9769 dal titolo La fiducia degli italiani è mal riposta nella posta) ritenute utili per l’aggiornamento giurisprudenziale e per lo studio di alcuni istituti giuridici in vista di eventuali concorsi pubblici (esami di stato orali o scritti).

Le Sezioni Unite della Cassazione Civile con la sentenza 6 marzo 2020, n. 6459 hanno affrontato un interessante tema connesso il pactum fiduciae e affermato, sulla base di un precedente orientamento inaugurato dalla Terza Sezione (Cassazione Civile 2 settembre 2013, n. 20051) che “per il patto fiduciario con oggetto immobiliare non è richiesta la forma scritta ad substantiam” e che “una volta provato in giudizio, l’accordo, anche se verbale, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di trasferimento del bene immobile gravante sul fiduciario a favore del fiduciante”.

Per giungere a tali conclusioni i Supremi Giudici, prima, analizzano e inquadrano l’operazione negoziale con la quale una parte (il fiduciante) far amministrare o gestire, per finalità particolari, un bene da parte di un altro soggetto (il fiduciario), trasferendo direttamente a questi la proprietà del bene o fornendogli i mezzi per l’acquisto in nome proprio da un terzo, con il vincolo per il fiduciario di rispettare un complesso di obblighi volti a soddisfare le esigenze del fiduciante e ritrasferire il bene al medesimo o a un terzo designato. 

In tale contesto le Sezioni Unite rilevano come il negozio fiduciario sia in realtà non un’unica fattispecie, ma una casistica. In altri termini, all’unicità del nome corrispondono operazioni diverse per struttura, funzione e effetti pratici, perché (i) l’investitura del fiduciario nella titolarità del diritto può realizzarsi secondo distinti moduli procedimentali; (ii) l’effetto traslativo non è essenziale per la configurabilità di un accordo fiduciario giacché accanto alla fiducia dinamica, (caratterizzata dall’effetto traslativo strumentale), un ulteriore modo di costituzione della titolarità fiduciaria è rappresentato dalla fiducia statica, (mancante del tutto di un atto di trasferimento); (iii) il negozio fiduciario risponde ad una molteplicità di funzioni, diversi sono i tipi di interessi che possono sorreggere l’operazione. Nella fiducia cum amico la creazione della titolarità è funzionale alla realizzazione di una detenzione e gestione del bene nell’interesse del fiduciante ed in vista di un successivo ulteriore trasferimento della titolarità, allo stesso fiduciante o a un terzo mentre nella fiducia cum creditore, l’interesse del fiduciante è trasferire la proprietà di un suo bene al fiduciario, suo creditore, a garanzia del diritto di credito, con l’impegno del fiduciario a ritrasferire il bene al fiduciante, se questi adempie regolarmente al proprio debito (con il rischio di violare il divieto di patto commissorio ex art. 2744 cod.civ.).

Le Sezioni Unite esaminano quindi la fattispecie concreta sottoposta al vaglio, ove il fiduciario era divenuto titolare di quota di un immobile per averlo acquistato in nome proprio, ma con mezzi somministratigli dal fiduciante e si era poi rifiutato di ri-trasferire la proprietà al fiduciante, nonostante il tenore di una dichiarazione nella quale testualmente affermava: “Io sottoscritta (OMISSIS), nata a (OMISSIS), riconosco che mio cognato (OMISSIS) è l’unico proprietario dell’intero complesso immobiliare sito in (OMISSIS), alle vie (OMISSIS), nel suo attuale stato intestato a mio cognato (OMISSIS) ed a me medesima, giusta atto del notaio (OMISSIS), ma acquistato e poi completato dallo stesso (OMISSIS). Riconosco che mio cognato (OMISSIS) mi ha versato tutte le tasse e spese da me sostenute. M’impegno, per la mia quota, a ritrasferirlo a semplice richiesta a lui o a persona da lui designata” [ndr sottolineatura nostra].

Secondo i Giudici tale scrittura privata non costituisce un negozio fiduciario, ma un semplice riconoscimento di debito o promessa di pagamento inidonea a supportare una richiesta di adempimento in forma specifica, ex art. 2932 cod. civ. La Suprema Corte in punto precisa infatti che “La dichiarazione unilaterale scritta del fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 cod.civ., un’astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria“.

Dopo una attenta disamina di alcuni istituti analoghi al negozio fiduciario, i Supremi Giudici si convincono che l’accordo fiduciario verbale può essere fonte dell’obbligo del fiduciario di procedere al successivo trasferimento al fiduciante, nonostante la natura immobiliare del diritto acquistato dal fiduciario per conto del fiduciante. In altri termini, se le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario avente ad oggetto un bene immobile in forma scritta, ma lo hanno concluso solo verbalmente, in giudizio potrà porsi un problema di prova e non di validità del pactum.

Per la validità dal pactum fiduciae non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio, mentre l’osservanza del requisito della forma scritta è imposta, in base all’art. 1350 cod.civ., solo per gli atti traslativi (il contratto, iniziale, di acquisto dell’immobile da parte del fiduciario e per il successivo atto di ritrasferimento ad opera del medesimo) e non quindi per il vincolo interno atipico tra le parti che ha effetti – come appena osservato – solo obbligatori.

La Corte sviluppa il proprio ragionamento chiarendo che per valutare se un contratto atipico sia o meno soggetto al vincolo di forma occorre procedere attraverso il metodo dell’analogia ed accertare se il rapporto di somiglianza intercorre con un contratto tipico a struttura debole (tale essendo quello strutturato dal legislatore sui tre elementi dell’accordo, della causa e dell’oggetto, senza alcun requisito di forma) o con un contratto tipico a struttura forte (nel quale invece il requisito della forma concorre ad integrare la fattispecie), perché soltanto nel secondo caso anche per il negozio atipico è configurabile il requisito di forma.

Nello specifico il rapporto che si realizza per mezzo di un acquisto compiuto dal fiduciario, per conto del fiduciante, direttamente da un terzo, il pactum fiduciae – con cui il fiduciario si obbliga a gestire la posizione giuridica di cui è investito secondo modalità predeterminate e a ritrasferire la stessa al fiduciante – è assimilabile, ad avviso del Collegio, al mandato senza rappresentanza e non al contratto preliminare: “il mandato senza rappresentanza, infatti, costituendo lo strumento tipico dell’agire per conto (ma non nel nome) altrui, non solo può piegarsi alle esigenze di un pactum fiduciae che contempli l’obbligo del fiduciario di ritrasferire al fiduciante un diritto, ma si pone anzi come la figura negoziale praticamente meglio idonea ad assorbire, senza residui e senza necessità di ulteriori combinazioni, (…) quel determinato intento” (Cassazione Civile 20 maggio 1976, n. 1798).

La giurisprudenza – a partire dalla citata Cassazione Civile del 2 settembre 2013, n. 20051, alla quale ha fatto seguito la Cassazione Civile 28 ottobre 2016, n. 21805 – ha statuito che, in ossequio al principio di libertà della forma, il mandato senza rappresentanza per l’acquisto di beni immobili non necessita della forma scritta e che il rimedio dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di trasferire al mandante l’immobile acquistato dal mandatario è esperibile anche quando il contratto di mandato senza rappresentanza sia privo di forma scritta giacché:

– tra il mandante e il mandatario senza rappresentanza trova applicazione il solo rapporto interno, laddove la necessità della forma scritta si impone per gli atti che costituiscono titolo per la realizzazione dell’effetto reale in capo alla parte del negozio;

– le esigenze di responsabilizzazione del consenso e di certezza dell’atto, sottese all’imposizione della forma scritta quale requisito di validità del contratto traslativo del diritto reale sul bene immobile, non si pongono con riferimento al mandato ad acquistare senza rappresentanza, dal quale non sorgono effetti reali, ma meramente obbligatori;

– i requisiti di forma scritta concernono esclusivamente l’acquisto che il mandatario effettua dal terzo (rapporto esterno) e per quello di successivo trasferimento in capo al mandante del diritto reale sul bene immobile a tale stregua acquistato;

– l’art. 1351 cod.civ. è norma eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica, e neppure di applicazione estensiva, attesa l’autonomia e la netta distinzione sussistente tra mandato e contratto preliminare.

Anche la dimensione pratica del fenomeno fiduciario, quale emerge dal contesto complessivo delle controversie venute all’esame dei Giudici, offre un quadro variegato di accordi fiduciari verbali tra coniugi, conviventi e familiari relativi alla intestazione di immobili acquistati in tutto o in parte con denaro di uno solo di essi, nel quale le parti, per motivi di opportunità, di lealtà e di fiducia reciproca, sono restie a consegnare in un atto scritto il pactum tra di esse intervenuto. 

Anche un’autorevole dottrina è giunta alla conclusione che condizionare all’osservanza della forma scritta la validità del patto fiduciario significherebbe praticamente escludere la rilevanza pratica della fiducia in molte ipotesi di fiducia cum amico, dato che la formalità del patto finirebbe quasi sempre per incidere sulla dimensione pratica del comportamento, escludendone la fiduciarietà dal punto di vista della morfologia del fenomeno empirico.

Quanto, infine, al collegamento tra la natura immobiliare del bene acquistato dal fiduciario e l’esecuzione specifica dell’obbligo di trasferimento rimasto inadempiuto, si è chiarito che il rimedio dell’esecuzione in forma specifica non è legato alla forma del negozio da cui deriva l’obbligo di contrattare, potendo l’art. 2932 cod.civ., trovare applicazione anche là dove l’obbligo di concludere un contratto riguardi cose mobili e si trovi pertanto contenuto in un contratto non formale, perché volto, appunto, al trasferimento di beni mobili.

Con tale decisione viene quindi stravolto l’indirizzo sino ad oggi dominante che, nel richiedere la forma scritta ad validitatem del patto fiduciario con oggetto immobiliare, muoveva da un’equiparazione del patto al contratto preliminare: sia per la somiglianza strutturale (obbligatorietà del futuro contrahere) tra l’uno e l’altro negozio, sia per la similitudine effettuale, che si risolverebbe nell’eadem ratio del requisito di forma imposto dall’art. 1351 cod.civ. In sostanza, si riconosceva l’esistenza di un collegamento tra l’art. 1351 cod.civ., e l’art. 2392 cod.civ., nel senso che, riferendosi l’art. 2392 cod.civ., a tutti i contratti produttivi di un obbligo a contrarre, anche l’art. 1351 cod.civ., dovrebbe estendersi a tutti i contratti che obblighino i contraenti a stipulare un ulteriore negozio formale, con la conseguenza che la norma non riguarderebbe soltanto il contratto preliminare, ma ogni negozio fonte di successivi obblighi a contrarre, e tra questi il patto fiduciario.

In realtà al di là della affinità legata al fatto che anche nel pactum fiduciae, come nell’obbligo nascente dal contratto preliminare, è ravvisabile un momento iniziale con funzione strumentale rispetto ad un momento finale, la riflessione in sede scientifica mette in luce la diversità degli assetti d’interessi perseguiti dall’una e dall’altra figura.

Nel preliminare, infatti, l’effetto obbligatorio è strumentale all’effetto reale, e lo precede; nel contratto fiduciario l’effetto reale viene prima, e su di esso s’innesta l’effetto obbligatorio, la cui funzione non è propiziare un effetto reale già prodotto, ma conformarlo in coerenza con l’interesse delle parti. 

Ne consegue che, mentre l’obbligo di trasferire inerente al preliminare di vendita immobiliare è destinato a realizzare la consueta funzione commutativa, la prestazione traslativa stabilita nell’accordo fiduciario serve, invece, essenzialmente per neutralizzare il consolidamento abusivo di una situazione patrimoniale vantaggiosa per il fiduciario a danno del fiduciante.

Inoltre, l’obbligo nascente dal contratto preliminare si riferisce alla prestazione del consenso relativo alla conclusione di un contratto causale tipico (quale la vendita), con la conseguenza che il successivo atto traslativo è qualificato da una causa propria ed è perciò improntato ad una funzione negoziale tipica; diversamente, nell’atto di trasferimento del fiduciario – analogamente a quanto avviene nel mandato senza rappresentanza (art. 1706 cod.civ., comma 2) – si ha un’ipotesi di pagamento traslativo, perché l’atto di trasferimento si identifica in un negozio traslativo di esecuzione, il quale trova il proprio fondamento causale nell’accordo fiduciario e nella obbligazione di dare che da esso origina.

Le differenze esistenti tra il contratto preliminare e il pactum fiduciae escludono la possibilità di equiparare le due figure ai fini di un eguale trattamento del regime formale.

Condividi